«Viviamo una situazione eccezionale, che ha generato una reazione altrettanto eccezionale da parte di governi e banche centrali, a cominciare da Bce e Fed. Una delle conseguenze è abbondante liquidità a buon mercato, che ha fatto correre le Borse. La vera criticità di questa crisi però è lo stato di salute attuale di molte aziende», sostiene Mario Moretti Polegato, 67 anni, fondatore e presidente del gruppo Geox. Ma «l'economia riparte solo se rilanciamo i consumi e quindi l'occupazione», afferma l'imprenditore trevigiano. E prevede un ripensamento profondo delle strategie aziendali, dalla catena di approvvigionamento al modello di distribuzione, con meno negozi e più e-commerce.
Che mondo sarà dopo la pandemia?
«Si stanno consolidando sempre di più le tre macro aree del mondo: la Cina, che sperimenta una ripresa consistente dell'economia; gli Usa, dove si osserva una forte ripresa del mercato, ma la situazione sociale è critica, con forti tensioni che sfociano in manifestazioni; infine, l'Europa, dove la ripresa è iniziata, ma la situazione è ancora incerta nell'immediato, in particolare per l'impatto del lockdown sull'occupazione».
Che cosa succederà in Cina?
«Prima dobbiamo capire come evolverà la domanda interna e quale sarà l'impatto della situazione a Hong Kong. Noi imprenditori non possiamo essere troppo pessimisti, la Cina è un immenso mercato. Credo che Hong Kong resterà una piazza finanziaria molto importante, soprattutto per l'area del Far East».
Parliamo dell'Europa.
«La crisi ha rafforzato l'eurozona nonostante la resistenza di alcuni Paesi. Non è ancora l'Europa che sogniamo, ma è più forte di qualche mese fa. Si sono affermate in modo irreversibile una maggiore integrazione e solidarietà fra gli Stati membri. La crisi offre anche opportunità di investimento, perché molte aziende si sono indebitate; si potranno stringere nuove alleanze nel settore manifatturiero o anche acquisizioni.».
Emergerà un'economia diversa dopo la recessione?
«La globalizzazione continuerà, ma Usa, Cina ed Europa prediligeranno i loro interessi e questo avrà un impatto anche sullasupply chain, perché molte aziende dovranno rivedere i loro modelli e le loro catene di approvvigionamento per ridurre i rischi. Assisteremo a una regionalizzazione della globalizzazione, si produrrà sempre più nei mercati di sbocco. Vedremo un ritorno delle attività produttive per evitare la concentrazione in un solo Paese, come la Cina. Una scelta dettata anche per mantenere l'occupazione nel proprio Paese. Se c'è occupazione, aumentano i consumi, quindi c'è crescita».
Il «reshoring» è già in atto in alcuni settori.
«Serve però un intervento dei governo per bilanciare la disparità del costo del lavoro e un pacchetto di agevolazioni per favorire l'occupazione, senza non ci sarà la ripresa dell'economia».
La crisi, con il lockdown, ha fatto esplodere l'e-commerce anche in Italia.
«Nella nuova economia sarà diverso: lo sviluppo del web permetterà alla singola azienda di creare il proprio network nel mondo. L'e-commerce è un filo diretto e moderno, senza confini, tra chi produce e chi consuma».
E i negozi?
«Si ridimensionerà il retail tradizionale. Per l'Italia sarà ancora più importante perché il tessuto imprenditoriale è fatto da tante piccole imprese che potranno raggiungere un consumatore internazionale».
Resterà anche lo smart working?
«Crescerà, avremo una riorganizzazione del lavoro con più smart working. La nuova economia avrà un impatto sulla mobilità: meno viaggi di lavoro e più riunioni virtuali. E sarà un bene per la sostenibilità. Finora non è stata prestata dovuta attenzione al cambiamento climatico, perché rappresenta un nemico invisibile. Oggi, dopo una crisi né finanziaria né economica, ma sanitaria, ci sarà una maggiore presa di coscienza da parte dei consumatori dell'impatto ambientale, delle proprie azioni e del modo di consumare e questo accelererà lo sviluppo di un'economia più sostenibile».
Quali sono le priorità?
«All'Italia manca una visione del futuro. Il nostro Paese ha bisogno di un piano per l'economia condiviso da associazioni imprenditoriali e sindacali. Serve una riduzione delle tasse e un'armonizzazione fiscale a livello europeo, a cominciare dall'Iva. C'è la questione del debito pubblico, che potrebbe salire fino al 160% sul Pil: prima poi andrà affrontato. Ma in questo momento è urgente il rilancio dei consumi, in forte rallentamento. Parte dei fondi Ue dovrebbe essere impiegata per spingere i consumatori a spendere. Bisogna creare le condizioni affinché le imprese producano e creino posti di lavoro, non disoccupazione. Perché se una persona perde il lavoro e va in Cig, non spende. Gli incentivi a pioggia non servono, dobbiamo puntare sulle eccellenze italiane, sul Made in Italy, quindi food, moda, turismo, le piccole e medie aziende».
«C'è il grande problema della sburocratizzazione: bisogna cambiare le regole, per creare le infrastrutture che servono, anche le infrastrutture tecnologiche, far ricevere ai cittadino i servizi sul telefonino. Senza dimenticare la formazione giovanile, perché saranno i giovani a realizzare la nuova economia. In questo periodo ci siamo molto preoccupati per bar e negozi, ma non abbiamo fatto niente per i giovani, che sono la vera salute della nuova economia. Dai giovani ci aspettiamo creatività, innovazione, rilancio del rapporto con il territorio, ma poi ci disinteressiamo di loro».
Come va la Geox?
«Siamo la maggiore azienda del settore, come tutti abbiamo sofferto per la chiusura dei negozi, ma abbiamo un prodotto unico e innovativo e siamo una multinazionale».
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Source: Corriere.it
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