Guardare, scattare, respirare. Sembrano i "comandamenti" di un ballo estivo da eseguire in qualche club vacanze tipo tormentone d'antan di Cecchetto o macarena del nuovo secolo: alla giusta Covid-distanza, mi raccomando. E invece sono tre azioni-guida per arrivare a un risultato ben più importante: far tornare ad allenarsi e a giocare i nostri ragazzi che in una squadra amano gioire per un canestro o una schiacciata. Quelli che il basket e il volley, piuttosto che il calcio. E non sono pochi: 346 mila i tesserati della Federpallavolo, 315 mila quelli della Federpallacanestro.
Squadra di prof under 50
Quei tre verbi sono rimbombati in testa per quasi un mese a un team di professori under 50 del Politecnico di Torino, individuati dal rettore Guido Saracco e guidati operativamente da una sua vice, la designer Claudia De Giorgi. Obiettivo: costruire una mascherina speciale dai costi accessibili che consenta allenamenti e partite in sicurezza in un periodo di pandemia da Covid-19 più soft ma col vaccino ancora lontano. Credono di esserci riusciti e mostrano con comprensibile fierezza il risultato. Testato su ragazzi di una squadra dilettanti, da atleti suddivisi in fasce d'eta all'Istituto di Medicina dello Sport di Torino e, ultimi ma non ultimi, dai due campioni "mascherati" nell'Aula 3 del Politecnico in queste pagine: Noemi Signorile, 30enne pallavolista torinese della Cuneo Granda (A1), e Marco Cusin, 35 anni, cestista friulano ex Olimpia Milano e Auxilium Torino, ora della Juvecaserta (A2), in Nazionale dal 2009.
Test sui tessuti, indossabilità e normativa
Per arrivare al risultato si sono unite le due "branche" del Politecnico: Ingegneria e Architettura. Ada Ferri, ingegnere chimico di Biella, si è occupata del test sui tessuti; Cristian Campagnaro, professore associato di Design ad Architettura, dello sviluppo del prodotto con la sua collaboratrice Martina Dugoni; l'ingegnere biomedico Alice Ravizza, in collaborazione con il neo laureato Federico Sternini, dell'indossabilità e della normativa; l'ingegnere civile Marco Barla, infine, referente per le attività sportive del Politecnico, si è occupato dei test con i giovani atleti e di quelli all'Istituto di Medicina dello Sport per le implicazioni mediche. Una maggioranza di donne, 4 su 7. Niente quote, è stata la rincorsa alle migliori professionalità a determinare la squadra-mascherine, come spiega con orgoglio il rettore Saracco: «Non credo sia una banalità dire che la dimensione femminile è un poco più adatta rispetto a noi maschi a prendersi cura delle persone», ricordando come ad Architettura — dove insegna Claudia De Giorgi, sua vice per Qualità, Welfare e Pari Opportunità — «le studentesse donne sono il 55%».
I rischi dello sport in presenza del virus
Tutto è cominciato con la richiesta in aprile del Coni: sviluppare un metodo per identificare i rischi legati alla ripresa dello sport in presenza del virus. Il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora ha in parte utilizzato il report per le linee guida sulla ripresa degli allenamenti, individuali e di squadra. Come si sa, lui avrebbe dato l'ok alla ripresa effettiva degli sport di contatto già il 25 giugno ma c'è stato lo stop del Comitato tecnico-scientifico.
Protezioni sì, tamponi no
Al momento della ripresa però non si potrà prescindere dai risultati dei "magnifici sette" che hanno lavorato in smart working per creare i nuovi dispositivi di protezione. «Poiché in molti sport la distanza interpersonale non può essere mantenuta», spiega Ada Ferri, «per ricominciare bisognava individuare dispositivi che potessero proteggere, visto che fare i tamponi periodicamente è molto costoso e non tutte le società possono permetterselo. Nel calcio magari sì, ma nella pallacanestro e nella pallavolo no, ancor più a livello delle piccole società dilettantistiche». I presidenti di Federbasket e Federvolley, Gianni Petrucci e Pietro Bruno Cattaneo, hanno condiviso la logica e la rincorsa alla mascherina respirante con il Politecnico di Torino è partita. Magari alla fine i professionisti dei due sport "copieranno" la Nba Usa che, come il calcio da noi, eviterà la mascherina perché ha ottenuto di fare meno tamponi mandando in quarantena solo l'eventuale contagiato e non tutta la squadra.
Le «chirurgiche» non adatte all'uso sotto sforzo
«Ci voleva un prodotto specifico perché le mascherine chirurgiche che conosciamo hanno respirabilità basse in quanto non progettate per un uso sotto sforzo. La ventilazione polmonare con lo sforzo cambia tantissimo», precisa ancora l'ingegner Ferri. Primo passo: scegliere i materiali. «Siamo andati a colpo sicuro sul tessuto», racconta la vice rettore De Giorgi, «puntando sui 3D in materiale polimerico, particolarmente leggeri e traspiranti. Si chiamano 3D perché realizzati da telai che hanno la terza dimensione: ne esce un tessuto che a seconda della trama può essere più o meno spesso e più o meno aperto. La terza dimensione consente di dare una forma a sé stante, è un tessuto autoportante. Abbiamo scelto quelli della toscana Panatex». Da lì al primo modello il passo è breve. Ci pensano il professor Cristian e Martina: «Abbiamo costruito il modello e l'abbiamo provato su di noi. L'obiettivo era che fosse aderente, non si muovesse col movimento veloce, a scatti, e non si avvicinasse troppo alla bocca in fase respiratoria. Abbiamo escluso limitazioni alla vista periferica, a tutto quel che si vede "con la coda dell'occhio", fondamentale nello sport». Ed eccoci in pieno "guardare-scattare-respirare".
Niente elastici e superfiltri
Non pensate lo si possa fare con cordini alle orecchie come capita a noi: «Grazie alla rigidezza del tessuto 3D siamo riusciti con Martina a tenere il viso distante e a lavorare su punti di contatto sulla testa che la mantenessero ferma», spiega ancora Campagnaro. Fin qui la mascherina è leggerissima ma "normale". È l'ingegnere biomedico Alice Ravizza col suo giovane collaboratore Federico Sternini a descrivere il "miracolo": filtri di impalpabile leggerezza la cui struttura «trattiene molte particelle e quindi protegge la persona che respira ma allo stesso tempo consente di inspirare ed espirare con pochissima fatica. Così che lo si può fare correndo e non solo camminando». A consentire il "miracolo" è stata un'azienda leader nel mondo dei filtri auto, attiva anche in F.1: la Ufi Filters di Nogarole Rocca, nel Veronese che ha sviluppato il prodotto nell'Ufi Innovation Center di Ala (Trento). Dopo Torino e Biella, ecco il terzo vertice della triangolazione che ha lavorato gratis per il super prodotto, reso possibile anche da una donazione specifica del Rotary Club piemontese 2031 (la ditta che ha realizzato materialmente le mascherine è pure del Biellese, la Stamperia Alicese di Cavaglià). Con i filtri usa e getta veronesi «le cadute di pressione, che danno l'idea della respirabilità, sono di 8 pascal contro i 40 delle mascherine chirurgiche: traspira 5 volte di più», rivela Ferri. Mentre Ravizza si lancia in una previsione che piacerà ai ragazzi: «Con 20 euro, il costo di uno scaldamuscoli, si può fare un'intera stagione tra mascherina ed equipaggiamento di filtri usa e getta».
Costi contenuti sotto i 5 euro
La sola mascherina delle meraviglie infatti verrà a costare come quelle lavabili delle farmacie: sotto i 5 euro. Ma gli atleti, alla fine, che pensano? Tra una foto e l'altra per il servizio, Signorile e Cusin compilano il questionario di valutazione e si scambiano analisi soddisfatte: «Tira un po' sotto la faccia ma si respira benissimo», sbotta lei entusiasta. «Vero!», conferma lui dai suoi 2,11 metri. Dovrà contrattare una taglia più ampia ma già si offre di aiutare la squadra dei prof a migliorare il prodotto: «Abito dietro il Politecnico, basta che mi chiamate». La voglia di tornare in campo è enorme e presto potrebbe diventare realtà.
2 luglio 2020 (modifica il 3 luglio 2020 | 10:51)
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Source: Corriere.it
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