Nel 2013 Michael e Debbie Campbell andarono in pensione. Si guardarono negli occhi e presero una decisione: affittarono la casa di Seattle, vendettero la barca a vela e le due macchine, ridussero gli effetti personali nella misura giusta per riempire un paio di valigie a testa e acquistarono un biglietto di sola andata. Destinazione: il mondo. Sì, perché da allora i Campbell, 71 anni lui e 61 lei, hanno visitato più di 300 città in quasi 85 Paesi, alloggiando negli Airbnb. Come stanno? Per loro parla una foto postata su Instagram nell'ottobre scorso: i due si baciano sopra una didascalia eloquente: «41 and still not done!».
In continuo spostamento
Quarantuno anni insieme, dei quali quasi sette trascorsi viaggiando. Medio Oriente, Turchia, Asia Centrale, Cuba, Nuova Zelanda, i Paesi europei, Italia inclusa. Adesso sono in Messico, precisamente a Puerto Vallarta, sulla costa orientale del Pacifico. «Abbiamo prenotato un alloggio per un mese intero — spiegano —, cosa rara, perché di solito ci fermiamo al massimo due o tre settimane». Il tempo di non affezionarsi troppo ad un luogo e di coltivare la curiosità di ripartire, perché quella di Michael e Debbie (lui ex manager nel campo della pubblicità e lei ex grafica) non è tanto la frenesia di conoscere posti nuovi, quanto piuttosto un reale bisogno di nomadismo. E infatti il blog nel quale documentano il loro viaggio intorno al mondo si chiama «The Senior Nomads», con ironica allusione alla loro età matura. Come fanno? Intanto praticano una intelligente frugalità. Scelgono con oculatezza gli Airbnb (prenotano con largo anticipo), fanno la spesa sul posto e preparano pranzi e cene a casa, limitano i ristoranti e i posti costosi e, ogni sera, ricostruiscono i dopocena che trascorrevano assieme a Seattle, giocando a Scarabeo o a carte. Insomma, ogni giorno e in ogni città che attraversano riproducono abitudini che cementano la loro intimità di coppia. «Come se fossimo ancora a Seattle, ma con la differenza che abitiamo nelle case degli altri», dicono.
Come fanno?
Non sono stati solo negli Airbnb: hanno alloggiato in qualche albergo «vecchia maniera» e hanno dormito su qualche treno notturno, senza contare un safari in Tanzania, ma non si sono mai fermati. E anche oggi, quando tornano periodicamente a Seattle, alloggiano in case in affitto breve, perché, affermano, «i rapporti umani che si creano sono senza prezzo». Per esempio l'amicizia stretta con una proprietaria di casa di Bari, che ha insegnato loro a fare le orecchiette. E l'Italia conta diversi post sul loro blog, tutti contrassegnati dal titolo: «Se sei in dubbio, vai in Italia». Hanno visitato Torino e i suoi caffè storici, si sono innamorati di Firenze e delle sculture di Donatello e Michelangelo, hanno alloggiato in un piccolo appartamento nel centro di Siena e a Bologna hanno assaggiato la focaccia calda con la mortadella. Il bello, per loro, è proprio questa continua esplorazione dei luoghi e della loro umanità, documentando tutto oltre che sul blog anche su Instagram. Naturalmente hanno già pubblicato un libro, Your Keys, Our Home (nel quale raccontano le loro esperienze negli Airbnb) e sul loro blog c'è la lista di tutte le case nelle quali sono stati ospiti dal 2013 a oggi.
La scelta
E pensare che sette anni fa a malapena sapevano come si prenota un alloggio su Internet. La figlia Mary è stata un aiuto insostituibile e forse anche la prima persona che ha creduto in loro. «L'alternativa era ritirarci in Florida o in qualche altro posto confortevole. Abbiamo scelto una "intimità nomade" e continueremo». Fino a quando? È questa la grande domanda secondo Michael e Debbie, che sono ben consapevoli di non essere più giovanissimi. «Non lo sappiamo — rispondono —. Nemmeno quando siamo partiti sapevamo quanto tempo avremmo trascorso viaggiando. Andremo avanti finché avremo soldi, salute e voglia a sufficienza».
4 marzo 2020 (modifica il 4 marzo 2020 | 17:29)
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