среда, 4 марта 2020 г.

La tragedia del 15enne è nata in un ambiente disastroso

Caro Aldo,
durante una rapina a mano armata un carabiniere per difendere se stesso e la sua fidanzata spara e uccide l'aggressore. I parenti della vittima devastano il pronto soccorso dove è morto il ragazzo, impedendo il servizio oltre ai danni gravissimi, sparano contro la caserma dove viene interrogato il complice. In tv poi i parenti dicono che il carabiniere ha sparato alla schiena del loro congiunto. Chi alla fine di tutto questo viene indagato? Il carabiniere. Questa è l'Italia che non ci piace, che rifiutiamo, dove gli onesti vittime di mascalzoni diventano a loro volta mascalzoni, mentre i mascalzoni diventano eroi.
Esterina Mauri, Milano

Gentile signora,
Sono costretto a tagliare la sua lettera per questione di spazio, non per censurarla. Nel prosieguo lei accusava noi del Corriere di non aver difeso abbastanza il carabiniere. Non so da dove abbia tratto questa impressione. Le dirò la mia opinione personale. L'inchiesta della magistratura è un atto dovuto, non è una scelta discrezionale, né tanto meno una condanna anticipata. Si tratta di ricostruire la dinamica, di capire ad esempio se il secondo colpo, quello alla nuca, sia stato tirato mentre il ladro già stava fuggendo.
Anche il carabiniere è una vittima di questa tragedia: non si è trovato a scegliere tra una vita umana e un orologio, si è trovato a difendere se stesso e la sua fidanzata da due persone che gli puntavano contro un'arma, senza poter sapere che non fosse un'arma pericolosa.
Mi pare che la tragedia sia legata in primo luogo all'ambiente disastroso in cui un ragazzo di quindici anni si è trovato a vivere, confermato dall'assalto al pronto soccorso – con la distruzione di un bene pubblico, oltretutto con un'epidemia in corso – e dalle intimidazioni della criminalità davanti alla caserma dei carabinieri.
Fino a quando continueremo a dipingere qualsiasi critica alla cultura dell'illegalità e dell'omertà come se fosse una critica a Napoli e al Mezzogiorno nel suo complesso, non muoveremo un passo avanti. Ricordiamoci piuttosto che migliaia di persone nate e cresciute nel Mezzogiorno sono impegnate ogni giorno a combattere la cultura dell'illegalità e dell'omertà.

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«Cecchi Gori sconti la pena ai domiciliari»

La sfortuna, anche di figure pittoresche (ma generose) non è mai cosa che fa esultare. Certi sorrisi che vedo dipingersi per un personaggio e una persona come Vittorio Cecchi Gori in disgrazia, fanno male, molto male… Quello che mi chiedo sul caso Cecchi Gori, non riguarda la sua vicenda giudiziaria. Il problema che pongo non è tanto in merito alla condanna (la legge deve essere uguale per tutti, le sentenze non si commentano, etc.), quanto sulla possibilità che al produttore, malato gravemente e non «diplomaticamente», non sia concesso di scontare ai domiciliari la pena di 8 anni e 5 mesi e 26 giorni. Le fortune (in particolare i film «Mediterraneo» (1991), «Il postino» (1994) e «La vita è bella» (1997) che gli hanno regalato le soddisfazioni più grandi: tre Oscar) e anche le cadute di Vittorio Cecchi Gori sono note a tutti, anche perché è da sempre sotto i riflettori. La possibilità di delinquere e combinare danni, ammesso che ne esista la volontà, mi sembra molto limitata. L'età e i malanni dovrebbero suggerire provvedimenti restrittivi che non si risolvano in una condanna capitale.
Marco Tullio Giordana Roma

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