суббота, 7 марта 2020 г.

Katia, maestra di sci oltre le barriere del silenzio: «L’insegnamento, la mia vittoria più importante»

NON È FACILE insegnare sci di fondo con un deficit uditivo, comunicando unicamente con la Lingua dei segni, la mimica del corpo, gli sguardi, le emozioni del viso. Proprio come nello sci nordico, che è uno dei più faticosi, anche la strada per arrivare al traguardo di maestra è stata dura per Katia Beltrando, 42 anni, impiegata presso i Vigili del Fuoco di Cuneo, sorda dalla nascita.

Capisce tutto dal movimento delle labbra Katia, ed è definita sorda-parlante perché, grazie alle scuole, ha imparato (a suo modo) a parlare e farsi capire. Ma alla fine ce l’ha fatta. E dopo una vita di atleta nelle competizioni giovanili è oggi, in Italia, l’unica persona con disabilità — la sordità, appunto — a esercitare il mestiere di maestro di sci nordico. Katia fin da bambina ha imparato a lottare contro pregiudizi e stereotipi, che non sono mancati neppure al momento di concorrere alla selezione da maestra di sci.

«È stata una bella vittoria per tutti — ha commentato Danilo Desderi, istruttore nazionale Fisi — essere riusciti a togliere queste barriere per l’accesso alla professione e all’insegnamento nel mondo dello sci di fondo. È stata una esperienza vissuta positivamente senza che la disabilità abbia pesato troppo sui corsi, in particolare per la parte teorica».

«Certo — ricorda Desderi — qualche difficoltà c’è stata, ad esempio per fare accettare a qualcuno degli altri aspiranti maestri che in alcune fasi l’attività didattica subiva qualche rallentamento per via della difficoltà di comunicazione. Poi ha prevalso il senso di responsabilità di tutti e Katia, all’esame didattico sostenuto davanti alla commissione composta da istruttori e maestri esperti, è stata ritenuta idonea».

Ex atleta di buon livello (famiglia di fondisti), Katia ha avuto gioco facile a superare la prova pratica sugli sci e dimostrare di essere fra le migliori dal punto di vista tecnico. Qualche problema è sorto durante la fase della «didattica» perché, ricorda il fratello Loris (anche lui maestro) che le è sempre stato accanto, «non tutti credevano che un sordo potesse insegnare».

Katia ha sfidato la commissione d’esame ed è riuscita comunque a superare tutte le prove, anche quelle orali, assistita per legge da un logopedista. «Lei non voleva — spiega Loris — mia sorella è sorda-parlante, ma alla fine lo stesso specialista ha ammesso che si esprimeva bene».

Ascoltare Katia quando parla richiede concentrazione, lei non sente i suoni della sua voce e quindi li modula con difficoltà. Ma alla fine si riesce a comprendere ciò che vuole esprimere. Aiutano il dialogo i suoi grandi occhi espressivi e il suo sorriso di gioia.

Se alla selezione ci sono percepiti cenni di pregiudizi e stereotipi, questi non mancano neppure quando Katia, ora che è maestra, esercita la professione. «La lezione si svolge molto facendo esercizi tecnici, nel senso che è molto meglio fare che dire», spiega lei. E aggiunge: «Facciamo scuola di sci con i giochi per tutti bimbi e adulti. Con il gioco rompi il muro della comunicazione, è divertente e tutto diventa facile, tra allievo e maestro».

La sua vita da atleta l’ha aiutata a superare l’handicap e a credere in se stessa, «Vincendo — sottolinea Loris — si sentiva importante e migliore delle altre». «Mia sorella — aggiunge — vive molto bene la sua disabilità e non si fa alcun problema con le persone che conosce per la prima volta».

Katia ha un carattere forte («Un giorno partendo da casa per una gara disse: ‘Oggi vinco’, e infatti arrivò prima», ricorda Loris) ed è molto dura nelle amicizie, che è lei a selezionare. «È diretta, a volte troppo», scherza il fratello. A livello agonistico ha vinto la medaglia di bronzo ai team sprint dei Giochi Invernali di Salt Lake City, nel circuito di Soldier Hollow. «Fantastica gara e premiazione — racconta Loris — le facevo da allenatore, mio padre da skiman».

Da bambina è cresciuta a Vinadio, paesino della Valle Stura in provincia di Cuneo dov’è nata Stefania Belmondo. Racconta quegli anni il fratello Loris: «Mia mamma ha sempre detto che ero le orecchie di Katia perché, per chiamare lei, chiamava me. Nel forte di Vinadio giocavamo a nascondino. Lei era bravissima a cercare ma per uscire allo scoperto le avevamo dato un tempo tipo di 5 minuti perchè lei, altrimenti, non sentendoci, sarebbe rimasta sempre nascosta».

Katia ha tanti allievi, alcuni ‘speciali’, come i due incontrati durante la ‘Settimana dei ragazzi di Cesare, disabilità e sport’ che si svolge in Valle Stura da 31 anni. Chiara di Milano e Cristina di Genova, entrambe con Sindrome di Down, sono riuscite fin da subito a entrare in empatia e a comunicano benissimo con lei.

«Alcuni anni fa — racconta ancora il fratello — su mia idea, mi aveva aiutato a tenere un gruppo di lezioni collettive per bambini. I piccoli erano entusiasti perché, oltre allo sci, insegnavamo i rudimenti della lingua dei segni. Molti genitori erano rimasti colpiti da Katia e da me come persone positive, oltreché come maestri di sci. Altri, purtroppo, si erano rivelati scettici e preoccupati, ma noi non gli abbiamo mai dato retta: i muri di Berlino esistono ancora, nel mondo della disabilità, e sono tanti». Anche se c’è ancora tanto da fare, molti di quei muri, con l’ingresso di Katia nel mondo dei maestri di sci di fondo, sono stati fortunatamente abbattuti.
 

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