воскресенье, 1 марта 2020 г.

Feste per bambini, spazi condivisi, cene a casa: così Milano sfida il Coronavirus

Il messaggio arriva attraverso la chat condominiale: «Buonasera. Vi volevo avvisare che Pietro e Giuseppe hanno allestito sul terrazzo un piccolo angolo "fitness ai tempi del virus". Naturalmente è a disposizione di chiunque voglia allenarsi». Di rado l'utilizzo degli spazi comuni ha ricevuto un'istantanea e unanime approvazione dei residenti come in questo caso. Milano non demorde. Accusato il colpo, s'ingegna a vivere il più possibile come prima che suonassero le sirene dell'anti-coronavirus. Le palestre sono chiuse? Ci si tiene in forma al parco, tempo permettendo. Niente cinema? Chi ha il divano più comodo e l'abbonamento più ricco alle pay-tv se lo organizza in salotto con gli amici. Concerti e spettacoli annullati? «Milano suona ancora» rispondono dalla zona trendy di via Tortona Music Innovation Hub e Zero Milano, promotori di una video maratona live da seguire in streaming. I ristoranti sono ancora semivuoti, ma nelle case si apparecchiano tavolate per combattere l'atmosfera cupa dell'ultima settimana. E consumare le sproporzionate riserve accumulate durante una crisi di panico.

Alla pasticceria San Gregorio, da decenni nell'omonima traversa di corso Buenos Aires, ieri mattina Davide, 26 anni, figlio dello storico titolare Angelo Bernasconi, ha accolto una ventina di bambini per un party in maschera. Travestito da Batman, Davide ha continuato a vendere chiacchiere e tortelli per tutta la giornata: «I turisti stranieri sono spariti — osserva —, ma oggi, per la prima volta in questi giorni, la sala era di nuovo piena». Vero. Gli stranieri si sono dileguati, per la disperazione degli albergatori: «Quasi tutte le disdette arrivano dall'estero — confermano al Town House Duomo, con vista spettacolare sul sagrato insolitamente calmo per un sabato pomeriggio —. Speriamo di riprenderci per Pasqua».

Davanti all'ingresso della Galleria Vittorio Emanuele e a un pubblico attento, la cantante di strada Marina Madreperla (il suo nome d'arte da 35 anni) ha allestito un piccolo palcoscenico e rasserena i passanti con un repertorio ottimista: «Felicità», di Albano e Romina Power, «Diana» di Paul Anka, «Quando, quando, quando» di Tony Renis. Nella sua scatola di cartone piovono monete e perfino banconote da 5 euro: «Grazie! Troppo, troppo!» protesta lei di fronte a tanta, inattesa generosità. «I milanesi non vedono l'ora di superare questi momenti e di ripartire. Ringrazio anche il Comune che ha permesso a noi artisti di strada di continuare a esibirci. E no, io al virus non penso proprio».

Almeno contro la paura, Milano ha buoni anticorpi. Li ha sviluppati in tempo di guerra inclusa quella, non così lontana, dichiarata dalle Brigate Rosse allo Stato. E, per quanto meteorologicamente plumbeo, il Carnevale ambrosiano ieri ha cercato di resistere alla mestizia, dopo l'annullamento della sfilata di carri, di feste e spettacoli pubblici, dove avrebbe potuto imbucarsi il coronavirus. Questo clima da coprifuoco Milano l'ha sperimentato nei funesti anni di piombo, tra la fine dei 70 e l'inizio degli 80, ma nemmeno nei momenti più gravi ha gettato la maschera e rinunciato ai coriandoli e alle stelle filanti del «sabato grasso»: nel 1981, dopo mesi di virulenti attentati terroristici, fu scelto come tema carnevalesco «il mondo alla rovescia», ma la città era rimasta in piedi. L'anno dopo quasi trecentomila persone (secondo stime forse un po' esagerate) affollarono il centro dove, registravano le cronache del tempo, «si ha l'impressione che l'epoca della paura, dei weekend passati in casa, della città vissuta come una giungla nemica, stia finendo». Confermava l'allora sindaco Carlo Tognoli: «La gente si sta abituando a tornare in strada».

Secondo un'inchiesta Nielsen, l'epidemia ha convinto il 49% degli italiani a evitare luoghi pubblici e affollati e il 35% a ridurre la frequenza con cui mangia fuori casa. Ma i milanesi hanno già cautamente spinto le antenne fuori dal guscio. Domani riapriranno il Duomo e, gradualmente, i musei. La cultura come apripista verso la normalità.

29 febbraio 2020 | 23:46

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