«Ormai siamo costretti a creare terapie intensive in corridoio, nelle sale operatorie, nelle stanze di risveglio. Abbiamo sventrato interi reparti d'ospedale per fare posto ai malati gravi. Una delle Sanità migliori del mondo, quella lombarda, è a un passo dal collasso».
Antonio Pesenti, 68 anni, è il coordinatore dell'Unità di crisi di Regione Lombardia per le terapie intensive. Elogiato pubblicamente dallo scienziato Alberto Mantovani come uno dei migliori uomini di scienza italiani, è un medico-rianimatore dai nervi saldi, abituato a governare ogni tipo di emergenza. Ma alle nove di sabato sera, dopo 17 giorni di lavoro senza sosta, la sua voce è rotta dalla stanchezza e dalla preoccupazione: «Se la popolazione non capisce che deve stare a casa, la situazione diventerà catastrofica».
Lei, insieme ai colleghi delle rianimazioni, è l'autore di una lettera durissima diretta al governo di Giuseppe Conte: «Le proiezioni scientifiche sono molto allarmanti». Cosa intende dire?
«Il quadro è di gravità tale da richiedere un aumento dei posti in rianimazione fino a dieci volte l'attuale disponibilità. Il numero di ricoverati in ospedale previsto alla data del 26 marzo è di 18 mila malati lombardi, dei quali un numero compreso tra 2.700 e 3.200 richiederà il ricovero in terapia intensiva. Oggi ci sono già oltre mille pazienti tra quelli in rianimazione e quelli che rischiano di aggravarsi da un minuto all'altro. Noi monitoriamo la situazione 24 ore su 24».
Nella lettera parla di rischi non solo per i malati di coronavirus, ma anche per tutti gli altri: «In pericolo c'è la sopravvivenza non solo dei pazienti di Covid-19 — scrivete —, ma anche di quella parte di popolazione che comunque si rivolge al sistema sanitario».
«Finora in Lombardia le ambulanze sono sempre arrivate in 8 minuti, adesso rischiano di non arrivare entro un'ora. Un pericolo enorme per chi ha un infarto, e non solo».
Insomma, il sistema di emergenza-urgenza della Lombardia non è più in grado di garantire gli standard ordinari.
«Purtroppo è la verità. Io non lo dico per allarmare i cittadini, ma per fare capire a tutti che non è il momento di uscire, né di fare shopping né di andare a bere lo spritz, come ormai ripetiamo da giorni. Bisogna modificare i rapporti sociali, con i negozi e i mercati rionali chiusi. A Milano, dove io vivo, almeno finora c'è stata troppa gente inutilmente in giro. Bisogna uscire solo per comprarsi da mangiare».
I posti letto nelle terapie intensive aumentano di giorno in giorno, ma non bastano mai.
«Stiamo creando blocchi Covid-19 ovunque. Ormai sono stati coinvolti tutti i principali ospedali della Lombardia, almeno una cinquantina. Come noto i pazienti contagiati non possono essere mischiati agli altri. Vuol dire avere rianimazioni dove tutto avviene con particolari sistemi di protezione: dall'aria filtrata a medici e infermieri che si vestono e svestono sempre in presenza di un'altra persona per controllare che le procedure siano corrette perché basta una minima distrazione per infettarsi».
In che condizioni state lavorando?
«Lavoriamo bardati per proteggerci dal virus. Dopo 4 ore siamo sudati fradici, i movimenti sono rallentati e dobbiamo uscire dalla rianimazione per idratarci. Noi stiamo facendo tutto il possibile, e anche di più, ma bisogna fermare i contagi. L'unico modo è la prevenzione».
In una delle ultime riunioni con i medici delle terapie intensive c'è chi non è riuscito a trattenere le lacrime.
«Per mestiere siamo abituati a fare fronte a qualunque situazione con sangue freddo. Ma solo chi la sta vivendo in prima linea può capire la drammaticità degli eventi».
È verosimile pensare di trasportare malati gravi nel resto d'Italia?
«Sono pazienti molto complessi da spostare. Sia per le loro condizioni fisiche sia per le protezioni che vanno assunte per non contagiarci. La vedo difficile».
7 marzo 2020 (modifica il 7 marzo 2020 | 23:29)
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