суббота, 29 февраля 2020 г.

Parla Ilaria Capua: «L’America attenta  al modello italiano, ma qui la cura costa»

Gli Stati Uniti stanno diventando il nuovo "laboratorio" per capire che cosa succederà, anche da quelle parti, con l'epidemia del nuovo coronavirus, il Sars-CoV-2, secondo il nome che gli ha assegnato l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).

PER APPROFONDIRE

Gli Stati Uniti non sono la Cina, dove si è sviluppata l'epidemia, dove c'è stata, probabilmente, poca trasparenza nella comunicazione dei dati, almeno all'inizio, e dove, poi, sono state messe in atto misure eccezionali (ma efficaci) per il contenimento dell'epidemia. E non sono nemmeno l'Italia, dove abbiamo un sistema sanitario pubblico che ha dimostrato, pur con qualche sbavatura, di poter affrontare l'emergenza. Gli Stati Uniti sono un altro mondo, ma anche loro non sono immuni da questo nuovo virus. Ne parliamo con Ilaria Capua, la ricercatrice italiana, nota per avere voluto rendere pubblico nel 2006 il codice genetico del virus dell'influenza aviaria, sfidando una comunità internazionale che voleva tenere segreti i dati. Adesso lavora negli Stati Uniti, all'Università della Florida, dove dirige il One Health Center.

Dottoressa Capua, come sono messi oggi gli americani con il nuovo coronavirus?

E' stato registrato un caso, in California, di una donna che si è ammalata ed è ricoverata in condizioni critiche. E' venuto fuori dal "nulla" perché non ha avuto contatti con cinesi e deve essere studiato. Poi c'è il caso dei turisti sbarcati dalla Diamond Princess (la nave da crociera tenuta per giorni nel porto giapponese di Yokohama, ndr), ma questi meritano un discorso a parte perché erano noti e sono stati intercettati. Insomma, il virus comincia a circolare anche in America.

Il New York Times ha sollevato la questione dei test. Insomma: vale la pena di sottoporre ai test per la ricerca del virus persone che non hanno sintomi, ma potrebbero essere "portatori sani" (e infettare altre persone?) In Italia si sta facendo a tappeto.

"Negli Stati Uniti stanno ancora decidendo sul da farsi. E i Cdc (i Centers for Diseases Control di Atlanta, l'organismo governativo che si occupa di monitorare la salute e le malattie in tutto il mondo, ndr) stanno valutando la situazione con un occhio a quello che è successo in Italia"

Ma chi paga, in America, dove tutta (o quasi) la sanità è privata?

La sanità pubblica americana si fa carico delle emergenze sanitarie. I test vengono proposti gratuitamente, come è successo per l'epidemia con il virus Zika (trasmesso da zanzare, che ha provocato un'epidemia attorno al 2016, al tempo delle Olimpiadi del Brasile, ndr).

E le cure?

Ecco, le cure. Per dare un'idea: se uno è vittima di una sparatoria in America e va al pronto soccorso gli richiudono il buco. Al resto deve pensare lui. Per ritornare al coronavirus: se una persona è infetta e, poi, sviluppa una polmonite deve rivolgersi, per l'assistenza, alla sua assicurazione.

Altra domanda, sulla ricerca. Che sta facendo l'America per contrastare questa emergenza? Parliamo soprattutto di vaccini.

La ricerca americana è una "corazzata" e arriverà a risultati importanti, anche nel breve periodo. (C'è appena stato l'annuncio sul Wall Street Journal di una compagnia americana, la Moderna, di un candidato vaccino pronto per essere testato sull'uomo). In ogni caso un vaccino non l'avremo prima di un anno o più. E potrebbe non servire, se l'epidemia sarà superata".

Ma, aggiungiamo noi, potrebbe servire per la prossima epidemia, almeno come base di studio, perché i coronavirus non smetteranno di circolare: prima della nuova Covid-19, c'era stata la Sars, la sindrome respiratoria grave, del 2003. E la Mers del 2012, quella che ha colpito il Medio Oriente e non è ancora stata debellata.

28 febbraio 2020 (modifica il 29 febbraio 2020 | 10:41)

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