суббота, 29 февраля 2020 г.

Olivier Rousteing, stilista di Balmain: il docufilm sulla sua vita di bambino adottato punta a cambiare la legge

È felice, ma si commuove sempre. Anche ieri quando è uscito con le sue modelle, saltando e abbracciando bellissime come Esther Cañadas e Helena Christensen e Liya Kebede al termine di uno show per Balmain che è il suo grande successo. Perché la mente vola lì sulla sua storia personale: figlio di una madre che non lo ha voluto. Abbandonato in un orfanotrofio, nel 1986, e adottato a un anno da una famiglia di Bordeaux, che adora, e che gli ha dato tanto. Olivier Rousteing, il Wonder boy come hanno intitolato il film autobiografico che proprio in questi giorni ha ricevuto la nomination ai César, gli Oscar francesi, come miglior documentario. Una pellicola dove lo stilista è andato indietro nel tempo svelando il suo tormento fra le luci del successo e le ombre della solitudine di chi non sa da dove viene.

Il finale della sfilata di Balmain: gli applausi a Olivier Rousteing,

Il finale della sfilata di Balmain: gli applausi a Olivier Rousteing,

Il finale della sfilata di Balmain: gli applausi a Olivier Rousteing,

Davanti all'Assemblea

Ha ricostruito tutto, scoprendo la sua origine vera, per metà etiope e per metà somalo, dopo aver creduto per trent'anni di essere di un'altra etnia: il primo shock. È arrivato a bussare all'orfanotrofio dove ha trovato una lettera della madre naturale con molti dettagli ma non il nome, perché lei firmò che senza il suo consenso mai avrebbero dovuto dirlo. E su questo la legge francese è categorica. Con l'uscita del film, nel settembre scorso, Olivier ha sperato che questa donna si facesse viva: «Vorrei condividere la mia vita di successo con lei — racconta in un frame —. E voglio che non abbia paura: il suo gesto mi ha permesso di crescere in una famiglia che mi ha dato tutto, anche la possibilità di essere quello che sono». Ma niente. La speranza è diventata impotenza e poi senso di ingiustizia. Così Rousteing ha chiesto di essere ascoltato all'Assemblea francese, perché diventi un diritto dei figli abbandonati sapere chi li ha messi al mondo. Quel giorno, in parlamento, i politici si sono commossi. «Porterò avanti questa battaglia sino alla fine. Lo faccio per tutti quelli che hanno storie come la mia», dice nel backstage poco prima dello show rispondendo ora in italiano e in inglese perfetti, come il suo francese e tedesco e spagnolo: i genitori adottivi lo hanno spinto a parlare tutte queste lingue: «Adottato, gay e di colore sapevano che la vita sarebbe stata difficile e hanno voluto regalarmi la possibilità di capire ed esprimermi ovunque nel mondo».

La sfilata Balmain a Parigi, febbraio 2020

La sfilata Balmain a Parigi, febbraio 2020

La sfilata Balmain a Parigi, febbraio 2020

Inno alla gioia

E a loro, a papà e mamma Rousteing, il ragazzo meraviglioso dedica lo show, un «inno alla gioia di vivere alla luce del sole». Abiti e completi solo per il giorno, dopo stagioni di ragazze delle notti in disco: blazer doppiopetto e cappotti militari sartoriali, pullover over tutti un ricamo, completi di pelle, cuissardes, bustier e top dalla vita strizzatissima. «Sono un francese al 100 % — dice — e in questo show c'è Parigi e tutta la sua bellezza e agli anni 80 e i 90 e Carole Bouquet». E si commuove. Wonder Boy.

29 febbraio 2020 (modifica il 29 febbraio 2020 | 16:24)

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