Hachalu Hundessa ha vissuto 5 dei suoi 34 anni dietro le sbarre: non era maggiorenne quando fu condannato per aver manifestato contro il governo nel 2003. Il padre andava a trovarlo e gli diceva che «la prigione rende più forti». Su di lui aveva avuto un effetto collaterale, rendendo quel ragazzino che amava cantare mentre badava alle vacche un artista: «Come trovare i versi e la melodia l'ho imparato da detenuto», amava raccontare uno dei cantanti più amati dell'Etiopia, ucciso lunedì sera a colpi di arma da fuoco mentre era alla guida di un'auto ad Addis Abeba. I nove brani del primo album, Sanyii Mooti (la corsa del re) li aveva scritti da prigioniero.
Proiettili e machete
Per l'omicidio la polizia avrebbe arrestato due persone, senza rivelarne l'identità. L'uccisione di Hachalu ha scatenato le proteste di molti cittadini di etnia oromo, proiettili e machete: almeno ottanta persone sono morte negli scontri tra manifestanti e forze di sicurezza, e una trentina sono state arrestate (compreso il leader dell'opposizione Bekele Gerba). Un bilancio terribile, che Hachalu avrebbe accolto con dolore. Una reazione che rischia di acutizzare i contrasti (come la mossa di «spegnere» Internet nella capitale) intorno a un delitto che in tanti considerano «politico». Il cantante era un simbolo per la più numerosa etnia del Paese, a lungo marginalizzata sulle vie del potere. Nei periodi bui aveva rifiutato l'esilio. Ora persino i suoi funerali e la tomba sono terreno di tensione: la polizia ha impedito a molta gente l'accesso allo stadio di Ambo, la sua città natale, dove si è svolta la cerimonia funebre. Molti attivisti vorrebbero che le spoglie fossero tumulate ad Addis Abeba, la capitale federale al centro di una disputa antica: gli oromo la considerano terra dei clan Tulama, poi «cacciati» dall'imperatore Menelik II (il vincitore degli italiani ad Adua). Vicende remote e attualissime: pochi giorni fa lo stesso Hachalu ha fatto infuriare i sostenitori dell'imperatore sostenendo che avesse rubato i cavalli degli Oromo, quando fece di Addis la capitale nel lontano 1886.
Lite sulla tomba
Lo status della città è un nervo scoperto anche della storia recente, tra spostamenti forzati di popolazione e rivendicazioni: dopo il 2015 tre anni di sanguinose proteste hanno portato alle dimissioni del premier e all'ascesa di Abiyn Ahmed alla poltrona di primo ministro (e nel 2019 all'assegnazione del premio Nobel per la Pace). Abiy (che nei giorni scorsi si è detto rattristato «per la scomparsa di un artista straordinario») è stato il primo oromo a diventare capo del governo. Nel 2018 aveva chiamato Hachalu a cantare per il presidente eritreo Afeworki e della pace ritrovata (sulla carta) tra storici nemici. E anche in quell'occasione l'ex bambino che cantava alle mucche aveva dimostrato indipendenza, parlando del bisogno di giustizia ancora inascoltato e mettendo in dubbio l'opportunità di un concerto «quando ci sono famiglie che soffrono».
La moglie e la statua
«La musica mi ha dato fan e nemici» diceva Hachalu. Anche da morto, anche nella politica. La famiglia lo vorrebbe sepolto ad Ambu. Il padre ha criticato gli attivisti oromo che invece spingono per averlo ad Addis Abeba e «soffiano» sull'uccisione del figlio: «Accusare il governo non è giusto, è come negare la verità di Hundessa». La moglie Fantu Demissie (rimasta sola con due figlie piccole) per stemperare le tensioni propone che nella capitale venga eretta una statua: «Hachalu non è morto, rimarrà per sempre nel mio cuore, come nel cuore di milioni di oromo».
3 luglio 2020 (modifica il 3 luglio 2020 | 22:05)
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Source: Corriere.it
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