La ricerca oncologica italiana è tra le migliori e tra le più produttive a livello internazionale, eppure abbiamo diversi problemi da risolvere: il numero delle sperimentazioni è in calo e dallo scoppio dell’epidemia di Covid-19 si sono ulteriormente ridotte di circa il 35%, inoltre la ricerca indipendente rischia di scomparire, come emerge anche da un’indagine condotta dalla Federation of Italian Cooperative Oncology Groups (FICOG) presentata nei giorni scorsi. Durante la fase acuta dell’emergenza provocata dall’infezione di Sars-CoV-2 gli ospedali italiani hanno fatto del loro meglio per garantire tutta l’assistenza necessaria ai malati di cancro, ma ora gli esperti sottolineano la necessità di una riorganizzazione, anche in vista di un possibile ritorno dell’epidemia in autunno.
Creare una rete di tutti i centri che fanno ricerca clinica
«È arrivato il momento di avviare un programma nazionale per la ricerca oncologica — sottolinea Carmine Pinto, presidente FICOG —. A causa del coronavirus ci aspettiamo nei prossimi mesi ancora difficoltà a promuovere nuovi studi, a trovare risorse e nella comunicazione e informazione dei pazienti. Andrà poi limitata, il più possibile, la migrazione dei malati da una regione all'altra e andranno previste alcune attività di assistenza da remoto per ridurre gli ingressi nelle strutture sanitarie. Come FICOG ribadiamo la necessità di una rete nazionale di tutti i centri che svolgono ricerca clinica. Grazie a una maggiore condivisione, in tutta Italia, di progetti e risorse si potrebbe favorire il proseguimento della ricerca oncologica che da sempre è uno dei fiori all'occhiello del nostro Sistema sanitario nazionale. Si può prendere a modello quello che già avviene negli Stati Uniti, dove esiste un piano nazionale che indirizza i progetti e quindi le risorse economiche e umane evitando frammentazioni. Occorre quindi un deciso cambio di marcia in una strategia unitaria, coordinata e condivisa. Così potremo meglio gestire le risorse umane ed economiche e realmente facilitare l'accesso dei pazienti agli studi in tutto il nostro Paese». Un’indagine condotta dalla FICOG presso le oncologie italiane, ha evidenziato che nel nostro Paese in pochi mesi le sperimentazioni cliniche sono diminuite di circa il 35% a causa sia dell'impatto dell'emergenza Covid-19 nelle strutture sanitarie, sia del lockdown.
I progressi passo dopo passo
«Inoltre c'è preoccupazione per gli attesi regolamenti normativi e per le risorse economiche messe a disposizione — aggiunge Pinto —. Per questo abbiamo voluto un incontro, nei giorni scorsi, fra oncologi, industria farmaceutica e Istituzioni: l'obiettivo dell'incontro virtuale è stato avviare un primo confronto tra tutti gli attori coinvolti ed elaborare nuove strategie». Il «sogno» di ogni sperimentazione è trovare la cura che porti alla guarigione. Nella realtà però si procede per piccoli passi ed è già molto importante se si riesce, per esempio, ad aumentare la sopravvivenza dei malati di diversi mesi oppure ad allungare il tempo libero da progressione di malattia (cioè quello tra la fine della cura e il momento in cui il tumore si ripresenta). O ancora se la nuova terapia, a parità di efficacia, presenta meno tossicità ed effetti collaterali, consentendo una migliore qualità di vita ai pazienti. In ogni caso è fondamentale che i malati sfruttino l'opportunità di partecipare ai trial come parte di un progetto che porta a continui miglioramenti nella cura delle patologie oncologiche.
Semplificare e velocizzare la ricerca contro il cancro
«Nonostante le grandissime difficoltà che abbiamo dovuto affrontare, a causa del boom di contagi, il sistema della ricerca ha retto — prosegue Evaristo Maiello, tesoriere FICOG —. Ne sono una prova oggettiva i numerosi studi avviati in Italia nel corso dell'emergenza per trovare nuove cure contro Covid-19. Ciò è stato possibile grazie all'incessante lavoro del Comitato tecnico-scientifico dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Ora bisogna riprendere i progetti che sono stati interrotti e cominciare con nuove sperimentazioni su trattamenti anticancro innovativi. Per farlo è però necessaria una forte condivisione tra associazioni medico-scientifiche, Aifa, Istituto superiore di sanità, Ministero della Salute e Regioni». «Anche il ruolo dei vari Comitati etici attivi sull'intero territorio nazionale va ripensato prendendo ad esempio proprio quello che è successo durante la prima fase della pandemia — conclude Pinto —. L'istituzione del Comitato etico unico ha funzionato durante le settimane più difficili di marzo e aprile e ha favorito l'avvio di studi clinici. Si può quindi semplificare e velocizzare anche nel campo della ricerca».
12 luglio 2020 (modifica il 12 luglio 2020 | 17:21)
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Source: Corriere.it
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