Dopo Apple anche Samsung potrebbe scegliere di non vendere più il caricabatterie insieme ai propri smartphone. Per ora si tratta solo di indiscrezioni ma da anni si parla di questa scelta e la Mela sta anche sondando gli utenti circa una politica che appare radicale solo a un primo sguardo. I fattori positivi infatti sono parecchi. Prima di tutto si risparmiano risorse. Pensiamo a quanti caricabatterie abbiamo in casa. Da anni ne accumuliamo decine, la maggior parte del tutto inutili perché, alla fine, non abbiamo così tanti dispositivi a cui dare energia e, quando acquistiamo qualcosa di nuovo, ecco che ne arriva un altro. Tanto pattume digitale che si potrebbe evitare, milioni di tonnellate di plastica, metalli e terre rare che possiamo evitare di saccheggiare alla Terra o riversare su di essa.
Prezzi più bassi e meno sprechi
Ci sono poi altri due benefici collaterali, per così dire. Il primo è prevedibile: eliminare il «caricatore» (dobbiamo orami abituarci a questo sinonimo) significa abbassare il prezzo dello smartphone evitando di comprare qualcosa spesso inutile. Vero che i caricabatterie evolvono per stare al passo con la richiesta energetica dei dispositivi che ricaricano ma la loro corsa è più lenta dei device stessi. Eliminare quel pezzo comporta anche una scatola più piccola e leggera, quindi meno volume, minori costi di spedizione e più prodotti inviabili con un solo trasporto. Sembra poca cosa ma basta moltiplicare quella manciata di grammi e centimetri in meno per gli 1,5 miliardi di telefoni prodotti ogni anno per rendersi conto della portata del risparmio. Risparmio che, speriamo, potrebbe tradursi in un prezzo inferiore del prodotto.
Non solo smartphone
La faccenda poi non riguarda solo gli smartphone. Considerando anche fotocamere, lettori ebook, tablet e ogni altro dispositivo portatile le unità prodotte salgono a circa 4 miliardi per un totale di 300mila tonnellate di spazzatura digitale. Oggi, anche su impulso dell’Unione Europea, molti di questi prodotti utilizzano cavi separati dal caricabatterie e sebbene il connettore che va al dispositivo può variare, quello che inseriamo nel caricatore è uguale per tutti: i più moderni utilizzano la Usb-C, quelli precedenti la Usb-A (La Usb classica, insomma). Vale a dire che uno solo di essi potrebbe dare energia ai dispositivi della medesima famiglia. Una scelta comoda soprattutto se consideriamo che molti caricabatterie oggi hanno più porte, fino a sei e oltre, e sono in grado di gestire in modo intelligente il flusso elettrico per dare a ogni device la potenza richiesta. Insomma, l’era del caricabatterie nella scatola sembra essere al tramonto e se due potenze come Samsung e Apple si muoveranno davvero in questo senso è facile prevedere che tutti gli altri non potranno che seguirle.
10 luglio 2020 (modifica il 10 luglio 2020 | 15:25)
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Source: Corriere.it
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