Un'amica mi ha detto che noi donne con diabete corriamo di più il rischio di ammalarci di cuore perché ci curiamo meno degli uomini. Ma dalle malattie di cuore non dovrebbero comunque proteggerci gli ormoni?
Risponde Valeria Manicardi, Coordinatore Diabetologia, provincia di Reggio Emilia.
Il diabete è il più importante fattore di rischio di mortalità per le malattie cardiovascolari, e il rischio di morte per malattia cardiaca nella donna diabetica è tre-cinque volte più alto rispetto alla donna non diabetica. Contrariamente a quello che lei sembra pensare, le donne con il diabete sono colpite da infarto tanto quanto gli uomini anche prima della menopausa perché perdono la protezione fornita dagli ormoni fin dall'età fertile. Quindi le donne diabetiche hanno da sempre «pari opportunità», rispetto ai maschi, di incorrere in infarto miocardico. Negli ultimi 25 anni la mortalità per malattie di cuore e circolatorie è scesa nella popolazione generale ma non nei diabetici e nelle donne diabetiche è anzi aumentata del 10 per cento.
<!— Controllo peggiore
Ma perché le donne che soffrono di diabete beneficiano meno della riduzione degli eventi cardiovascolari? Dalla letteratura scientifica sappiamo che le donne diabetiche hanno il 50 per cento in più di rischio di incorrere in eventi cardiovascolari fatali rispetto agli uomini e che sono spesso sotto trattate con statine, aspirina, e farmaci per la pressione. L'AMD (Associazione medici diabetologi) ha condotto uno studio su 415 mila diabetici di tipo 2, (ovvero con diabete mellito non insulino dipendente) e precisamente su 185 mila donne e 230 mila uomini, seguiti nei centri per il diabete del Servizio sanitario. Le donne sono risultate più obese, più anziane e con durata media maggiore del diabete, ma soprattutto con peggior compenso metabolico del diabete. Solo il 41 per cento delle donne diabetiche, contro il 45,5 degli uomini, ha un'emoglobina glicata (che misura la media delle glicemie negli ultimi tre mesi) inferiore al 7 per cento e una maggior quota di donne rispetto agli uomini (29,1 per cento contro 26,9) supera l' 8 per cento (ricordiamo che il valore ottimale per un diabetico è inferiore a 7%, mentre il valore normale è compreso fra il 4 e il 5-6%). Quando poi si parla di terapia, in Italia non c'è un sotto-trattamento delle donne, che vengono curate di più con terapia insulinica, oppure combinata, il che significa che si tenta di ottenere il risultato desiderato di buon compenso metabolico con la terapia più intensiva.
Hanno colesterolo più elevato e sono sovrappeso
Per quanto riguarda il controllo della pressione non sono invece emerse differenze di genere nel raggiungimento dei valori ottimali, ma le donne assumono più farmaci rispetto agli uomini per raggiungere gli stessi obiettivi. Le donne diabetiche tipo 2 hanno poi un peggior profilo lipidico con valori di LDL colesterolo (il colesterolo «cattivo») più elevati fin dalla diagnosi di diabete. La percentuale di donne che raggiunge i livelli desiderabili per l'LDL è significativamente inferiore rispetto ai maschi e la forbice aumenta con l'età. E ottenere bassi livelli di colesterolo Ldl (inferiore a 100mg/dl) aiuta a prevenire gli eventi cardiovascolari maggiori quali infarto miocardico e ictus cerebrale. In sintesi, i dati degli Annali AMD, analizzati per genere, mostrano che le donne italiane con diabete di tipo 2 hanno un profilo di rischio cardiovascolare peggiore fin dalla diagnosi; hanno un minor controllo del diabete, nonostante siano più trattate con insulina da sola o combinata con altri farmaci; hanno un colesterolo più elevato, nonostante il medesimo trattamento con statine, e sono in sovrappeso.
Diversa efficacia dei farmaci nei due sessi
Le differenze nel raggiungimento degli obiettivi terapeutici evidenziano differenze biologiche e una diversa efficacia dei farmaci nei due sessi, che richiedono nuovi studi e approfondimenti. La ricerca degli ultimi 30 anni infatti è stata fortemente sbilanciata per genere e occorre recuperare un equilibrio. Per ora, per superare il gap nel raggiungimento degli obiettivi, occorre trattare intensivamente tutti i fattori di rischio cardiovascolare, verificare che le terapie siano assunte con regolarità e intensificare nelle donne gli interventi sullo stile di vita. Le donne devono imparare a volersi bene: tendono a trascurare se stesse disattendendo la terapia, le indicazioni sullo stile di vita e saltando i controlli clinici a causa del grande impegno nella gestione della famiglia spesso associata a un'attività lavorativa.
11 luglio 2020 (modifica il 11 luglio 2020 | 16:54)
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Source: Corriere.it
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