четверг, 5 марта 2020 г.

L’allarme degli scienziati: «Le foreste pluviali assorbono meno CO2»

La copertina di Nature

Lo studio internazionale, al quale hanno contribuito un centinaio di istituzioni — per l'Italia hanno partecipato l'Università di Firenze e il Museo delle scienze (Muse) di Trento —, ha ottenuto la copertina di Nature. Un'indagine colossale, che ha analizzato i dati di accrescimento e mortalità di 300 mila alberi in 565 zone di foresta pluviale africana e amazzonica in 30 anni. «Abbiamo contribuito dalla Tanzania con uno studio di un sito specifico», spiega Francesco Rovero, docente di ecologia all'Università di Firenze e collaboratore di ricerca del Muse. «Si è visto che in Africa i dati sono più incoraggianti rispetto all'Amazzonia, dove risulta già dal 2010 un declino della capacità di assorbimento e un pareggio della quantità di CO2 immagazzinata con quella emessa. In Africa, invece, questa soglia sarà raggiunta nel 2030. Le proiezioni su scala globale mostrano, però, che dal 2040 le foreste non solo non assorbiranno più CO2, ma addirittura inizieranno a emettere a loro volta anidride carbonica».

Foreste pluviali

Le foreste pluviali sino al recente passato erano in grado di rimuovere fino al 17 per cento delle emissioni umane di CO2, ma negli ultimi dieci anni la capacità di assorbimento si è ridotta e ora non supera il 6%. Quali le cause? «Innanzitutto la deforestazione e la frammentazione delle foreste pluviali intatte, quindi gli incendi e le concessioni minerarie nelle aree forestali», risponde Rovero. Poi ci sono i due principali nemici delle foreste, ambedue determinati dai cambiamenti climatici in atto: la siccità e l'aumento delle temperature. «È vero che se aumenta la CO2 nell'atmosfera i vegetali incrementano la loro biomassa, cioè crescono di più. Ma a temperatura costante: oltre una certa soglia, soprattutto quando aumentano le temperature minime, la funzionalità di assorbimento inizia ad alterarsi e il risultato è una minore crescita complessiva e una maggiore mortalità degli alberi. In sostanza — conclude Rovero — lo studio indica che si sta riducendo di molto la finestra temporale a nostra disposizione per arrivare a emissioni zero. Altrimenti nemmeno le foreste potranno aiutarci».

4 marzo 2020 (modifica il 5 marzo 2020 | 10:56)

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