четверг, 5 марта 2020 г.

Il sogno di Francesca Fialdini? Aprire un giornale di strada

Francesca Fialdini è una persona riservata. Ma ha cambiato idea su una cosa: «Non parlare mai di alcuni miei progetti è un grande errore: certe realtà vanno fatte conoscere». Il riferimento è al suo impegno nel sociale: «Nasco nell'associazionismo, quello del mondo cattolico e sono costantemente vicina a diverse realtà di solidarietà locale. Quando il mio lavoro ha cominciato a portare popolarità poi, non mi sono mai sottratta: collaboro con Sermig Arsenale della pace di Torino, con la comunità "Nuovi orizzonti" e con il Bambin Gesù "Casa Gelsomino", che si occupa di bambini malati e delle loro famiglie. Fanno tutti un lavoro inestimabile». Ma il suo impegno ha radici lontane: è iniziato molto prima che diventasse un volto conosciuto. «Anni fa, ho cominciato a collaborare con i primi siti che parlavano di sociale. E nel 2000 sono entrata in contatto con i giornali di strada». Una realtà a cui ancora oggi è particolarmente legata. A colpirla, il fatto che quel giornalismo parlasse di chi spesso è descritto come ai margini, in modo diverso: «Davano sostegno ai clochard, ad esempio, creando un circuito importantissimo, in cui diventavano loro i protagonisti, raccontando in prima persona quello che stavano vivendo. Tutto al fianco di redattori professionisti. La mia tesi di laurea è stata proprio sui giornali di strada».

A conquistarla, il fatto che la solidarietà si basasse sull'offrire un lavoro «proponendo al contempo cultura. Io collaboro con Scarp de' tenis, Terre di mezzo e il giornale Piazza Grande di Bologna». Oggi, diverse delle storie che racconta nel suo programma, «Da noi… a ruota libera» (in onda su Rai1, domenica pomeriggio), provengono da lì. «Dall'inizio ho percepito che quel modo di fare giornalismo era quello che avevo in mente: dare valore all'invisibile, a situazioni soffocate per vedere cosa c'è dietro persone che, altrimenti, verrebbero solo definite in una categoria. I detenuti, ad esempio. Ma sotto questa parola cosa c'è? La verità è che non te lo racconta quasi nessuno. I giornali di strada sì e questo fin dal principio mi affascinava: finalmente anche chi di solito non poteva, aveva modo di esprimersi. Questo cambia tutto, anche l'opinione pubblica: è importantissimo».

L'importanza della comunicazione è sempre stata un credo della conduttrice, «proprio perché vedevo che anche solo chi leggeva quelle storie, poi si avvicinava a loro con occhi diversi, con più comprensione». Di particolare importanza, secondo Fialdini, è la «dimensione locale: conoscere le persone che ti vendono il loro giornale. In scala è quello che tento di fare ora con il mio programma: metto le mie competenze a disposizione e spesso racconto storie che provengono dal mondo delle associazioni. Il più delle volte si tratta di persone che riescono a restituire quello che hanno ricevuto dalla società, è bellissimo». Il suo è un entusiasmo sincero: «Mentre scrivevo la tesi su questi giornali ho frequentato ancora più intensamente le associazioni. Spesso sono fatte di due stanze, ma piene di energia. Ricordo l'impegno che ci metteva una persona senza fissa dimora: era un anarchico che aveva mollato tutto. Non voleva elemosina o assistenzialismo fine a se stesso, ma gli piaceva poter avere finalmente degli strumenti per rialzarsi attraverso questo lavoro».

E ancora: «Il giornalismo ha senso solo se è utile. Credo che riuscire a far parlare di loro persone che non sono abituate a farlo gli dia dignità e scuota l'indifferenza. Quando succede, abbiamo vinto». E in futuro, «chissà che io non apra un giornale di strada. Ci ho creduto da subito e ci credo ancora. Mi piacerebbe tanto»

3 marzo 2020 (modifica il 4 marzo 2020 | 16:36)

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