Dal 2 marzo le autorità francesi lo cercavano per notificargli l'accusa di aver ucciso un connazionale. Lui, che dell'omicidio dice di non saperne niente, se ne stava tranquillo a casa sua, ma gli è costato caro non aver rispettato i divieti imposti dal decreto sul coronavirus. E così l'altra sera è stato fermato per un controllo a Massa di Somma, un comune vicino a Napoli, e gli agenti, oltre a denunciarlo per essersene andato in giro senza motivo, si sono accorti che contro di lui c'era un mandato di arresto internazionale. È finita così la breve latitanza di C.C. 30enne accusato di aver ucciso nell'estate del 2019 in Francia il cuoco Vittorio Barruffo, 44 anni. Già ieri però il giovane è tornato a casa perché la corte d'appello di Napoli, che dovrà esprimersi sulla richiesta di estradizione della Francia e lo farà a settembre, non ha ritenuto che nei suoi confronti sussistessero le esigenze cautelari.
Scomparso il 9 luglio
Vittorio Barruffo era scomparso la sera del 9 luglio scorso, dopo essere uscito dal ristorante italiano «Emozioni» nel quale lavorava da quando si era trasferito a Montalieu-Vercieu. Secondo quanto ricostruito durante le indagini, quel 9 luglio l'uomo chiuse consensualmente il rapporto con il datore di lavoro, firmò i documenti necessari e nei giorni successivi sarebbe dovuto ripartire per l'Italia raggiungendo la compagna che aveva lasciato la Francia circa un mese prima, secondo alcune voci raccolte dagli investigatori anche in seguito ai continui litigi con il convivente.
Il corpo smembrato trovato a settembre
Da allora nessuno ebbe più sue notizie, e il corpo fu ritrovato casualmente soltanto il 20 settembre da un cacciatore che si accorse di un ingombrante involucro abbandonato in una stradina di campagna. Avvolto dentro un grosso telo c'era il cadavere di Barruffo che l'assassino aveva addirittura smembrato, amputando gli arti. Le condizioni erano irriferibili, e per l'identificazione fu necessario ricorrere all'esame del Dna.
Un precedente di sangue
Inizialmente tra gli inquirenti francesi si fece largo l'ipotesi che il quarantaquattrenne fosse coinvolto in un giro di criminalità organizzata, e che quindi l'omicidio potesse essere maturato in un ambiente camorristico, una diramazione francese di qualche clan napoletano. Ma pur essendo originario della provincia partenopea, Vittorio Barruffo con Napoli non aveva più nulla a che fare da molti anni. Prima di trasferirsi in Francia, infatti, era vissuto a lungo in Versilia, proprio da quelle parti, a Viareggio, fu coinvolto nel 2009 in un altro episodio di sangue, del quale fu sempre lui la vittima. Durante una visita alla figlia di sei anni che viveva con la madre, ebbe un diverbio con il nuovo compagno della donna, e al culmine del litigio l'uomo lo accoltellò.
Il giro dei napoletani in Francia
Barruffo in precedenza era stato anche al centro di vicende giudiziarie, e finì in carcere con l'accusa di spaccio di stupefacenti, ma che avesse avuto legami con la camorra non risulta assolutamente. Il primo a sostenere che le indagini avrebbero dovuto imboccare la pista del movente legato a vicende personali fu l'avvocato viareggino Umberto Prisco, al quale i fratelli del quarantaquattrenne si rivolsero affinché li assistesse nel corso delle indagini. «La camorra non c'entra niente, Vittorio prima di sparire aveva litigato con persone che conosceva e frequentava», disse il legale, invitando quindi gli inquirenti a scavare nel giro di amicizie che Barruffo frequentava in Francia. Un giro di napoletani che avevano da tempo lasciato il Sud e, proprio come lui, si erano dapprima stabiliti in Toscana e poi erano espatriati con lo scopo di avviare in Francia iniziative imprenditoriali.
Inseguito dal suo assassino
La magistratura e gli investigatori francesi non hanno lasciato trapelare particolari sul movente che secondo la tesi dell'accusa avrebbe spinto il giovane fermato l'altro giorno vicino a Napoli ad uccidere il suo connazionale. Ma secondo alcune testimonianze che avrebbero poi portato gli inquirenti sulla pista ritenuta giusta, Barruffo nei giorni precedenti quel 9 luglio era particolarmente preoccupato, ed era ansioso di lasciare Montalieu-Vercieu. Probabilmente temeva di essere in pericolo e sperava di sottrarsi a quello che è poi stato il suo destino, abbandonando la Francia e rientrando in Italia. Le dimissioni dal lavoro erano l'ultimo atto da fare prima della partenza, poi sarebbe stata solo questione di ore. Ma l'assassino è arrivato prima.
19 marzo 2020 (modifica il 19 marzo 2020 | 07:42)
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