LODI — «Le sente queste sirene? Non tacciono mai. Sono ancora troppe. Fino a quando le ambulanze non smettono di ammassare contagiati in ospedale, sarebbe una follia smantellare una zona rossa che sta salvando tutti dal disastro». Nell'unità di crisi allestita in prefettura a Lodi, a tarda sera si scorrono i dati elaborati dai medici e si scuote la testa. La risposta alla domanda cruciale non è ancora ufficiale, ma tutti la conoscono: i dieci centri del Basso Lodigiano, isolati dal 23 febbraio perché primo focolaio del coronavirus in Italia, saranno «chiamati a resistere almeno per un'altra settimana». La zona rossa che tra Codogno, Castiglione d'Adda e Casalpusterlengo divide 50 mila persone dal resto del Paese, non potrà essere riaperta domenica 8 marzo, come annunciato dopo l'esplosione dell'epidemia. Per la popolazione in quarantena e per 3.400 aziende con un fatturato annuo da 2,5 miliardi di euro, si avvicinano i giorni più difficili.
«Non riesco nemmeno a pensarci — dice Francesco Passerini, sindaco di Codogno e presidente della provincia di Lodi — per resistere occorre una svolta. Se la gente si sente abbandonata in un cimitero, non accetterà altri sacrifici». Per questo sul tavolo c'è il nuovo piano concordato tra Istituto superiore della sanità e governo. Chi nelle prossime ore è chiamato a comunicarlo a sindaci e forze dell'ordine che presidiano i 35 posti di blocco, lo definisce «zona rosa». Grazie al prefetto Marcello Cardona, impegnato «a tutelare salute pubblica, pace sociale ed economia collettiva», si lavora a una mediazione che scongiuri il «rischio-rigetto» di una reclusione di massa senza data di scadenza. «Impossibile — l'indicazione inviata dalla Regione Lombardia — un ritorno alla normalità del Basso Lodigiano da lunedì, mentre nuovi focolai di Covid-19 si accendono tra Cremona e Bergamo, accerchiando Milano».
Lo sforzo è dunque allentare progressivamente restrizioni e blocchi all'interno della zona rossa, prolungando invece il suo isolamento dall'esterno fino al 15 marzo. «Puntiamo a far riaprire certe categorie di negozi e di piccole aziende famigliari — dice Elia Delmiglio, sindaco di Casalpusterlengo — e a rendere possibile l'attività agricola. In ogni comune a turno potrebbe riaprire un bar al giorno. Poste, banche, assicurazioni, farmacie e servizi sanitari dovrebbero ripartire con regolarità. La vera emergenza resta però la mancanza di medici e infermieri». Da ieri, grazie all'esercito, ne sono arrivati sette. Oltre mille però, ogni giorno, le domande di deroga al blocco che intasano la prefettura, dove solo due funzionari hanno il «diritto di firma» sui permessi per «casi eccezionali».
Prolungare la zona rossa, in un'area tra le più globalizzate e densamente popolate d'Europa, rappresenta un colossale impegno organizzativo e finanziario. I quasi 600 uomini inviati da Interni e Difesa per le prime due settimane di check-point, si stanno dando il cambio. Sicurezza e vigilanza sono garantite, sempre più pesante l'emergenza-contagio. «Nel mio paese — dice il sindaco di Castiglione, Costantino Pesatori — i morti superano i caduti di guerra». Oltre 400 gli infetti nella zona rossa e la curva epidemiologica continua a salire. L'ultimo rapporto è di 1 a 2.8: ogni persona positiva qui trasmette il coronavirus a quasi altre tre. Per abbassare la guardia il rapporto non può superare l'1 a 1. I consulenti in contatto con la prefettura, chiamata solo «ad attuare le disposizioni ricevute» prevedono «tempi non brevi».
Per abbassare la guardia il rapporto non può superare l'1 a 1. I consulenti in contatto con la prefettura, chiamata solo «ad attuare le disposizioni ricevute» prevedono «tempi non brevi». La sentenza è che nel primo focolaio italiano «il picco epidemiologico non appare esaurito». Smantellare il contenimento nella zona rossa esporrebbe «al rischio che l'epidemia da coronavirus diventi ciclica». «Finora – dicono i medici che lottano nell'ospedale di Lodi interamente riconvertito al Covid-19 – arrivano gli infettati prima del 20 febbraio. Nei prossimi giorni toccherà a tutti gli altri». Ritirate dall'area anche le corriere del trasporto pubblico. Chi non guida è bloccato, fare la spesa è un problema. Da oggi però, qui, il virus che fa più male è la solitudine.
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