четверг, 5 марта 2020 г.

‘Divinità a colori’, così le statue greco-romane ritrovano la tinta di ELEONORA GIOVINAZZO

4 marzo 2020

Approda al Liebieghaus di Francoforte, dopo aver girato il mondo dal 2003, la mostra ‘Gods in color’ (Divinità a colori), visitabile fino al 30 agosto 2020 e arricchita di nuove ricostruzioni mai esposte prima. A oggi, il gruppo di studiosi guidati dall'archeologo classico tedesco Vinzenz Brinkmann e dalla moglie e archeologa Ulrike Koch — che hanno iniziato a studiare il colore delle sculture antiche ad Atene nel 1980 — ha esaminato centinaia di opere d’arte greche e romane per risalure alla loro policromia originale. Fino agli anni '80 l'unico modo disponibile per studiarle era eseguire analisi chimiche, prelevando campioni dalle sculture. Nuovi metodi, come la fotografia all'infrarosso, nel tempo hanno consentito di essere meno invasivi. Nonostante gli esami scientifici, non tutte le tracce di vernice possono essere chiaramente identificate: per questo i ricercatori attingono a numerosi oggetti antichi e ad altre statue per i confronti. Le ricostruzioni vengono create utilizzando gli stessi materiali e le stesse tecniche utilizzate nell'antichità. L'idea del bianco però persiste ostinatamente nell'immaginario collettivo: il team ritiene che questo derivi in gran parte dall'idea rinascimentale che la natura monocromatica di una scultura ne evidenzi la forma, mentre i colori sarebbero una distrazione. "Nell’antichità, invece, la pittura veniva utilizzata come mezzo per rendere le singole figure facilmente visibili a distanza, grazie ai loro colori vivaci", spiegano gli archeologi.

 

a cura di Eleonora Giovinazzo

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