пятница, 10 июля 2020 г.

Coppi e Bartali, spunta  un terzo uomo nella foto iconica della borraccia

Coppi e Bartali che si passano la borraccia sulla salita polverosa del Col du Télégraphe al Tour de France del 1952: la foto più famosa della storia del ciclismo mondiale, la più iconica dello sport italiano. Due giganti, due miti in lotta tra loro (pur correndo entrambi con la maglia della nazionale) immortalati in un momento di solidarietà di cui non si è mai decifrata la vera origine, il «chi aiuta chi» in un attimo di enorme fatica. Ma adesso, grazie alla fortunosa riscoperta del negativo «matrice» di quello diffuso in centinaia di migliaia di copie, uno degli aloni di leggenda che circondavano quell'immagine si è dissolto. Quello della perfetta solitudine degli eroi: in quel momento (le 15 circa del 6 luglio 1952) Coppi e Bartali non erano affatto soli.

«Come fosse realmente la famosa foto di Coppi e Bartali che si passano la borraccia prima di essere "tagliata" io lo so da 50 anni e per il semplice motivo che sono forse l'unico ad avere l'originale nel cassetto. Ma non avevo mai pensato che il fatto potesse essere così interessante». Marino Vigna è un pezzo importante della storia del ciclismo italiano: classe 1938, ha vinto l'oro olimpico ai Giochi di Roma 1960 nell'inseguimento a squadre su pista, ha corso sei stagioni da professionista e diretto la nazionale prima di approdare come dirigente alla Cicli Bianchi. Poche settimane fa, Mario ha approfittato del lockdown per rimettere a posto il grande archivio familiare di immagini, ereditato in parte dal padre, anche lui ciclista. Ed ecco che durante il repulisti è sputata una stampa bianco e nero di grande formato (30×40 cm) della celeberrima foto del passaggio di borraccia tra Coppi e Bartali, scattata appunto da Carlo Martini su sfondo del Col du Telegraphe su cui per decenni si sono scervellati gli esperti, senza trovare risposte certe.

Chi passa la bottiglia a chi? Chi sta mollandola e chi invece la riceve? È vero che l'immagine è stata in qualche modo costruita per simbolizzare l'alleanza tra due eroi/rivali italiani per vincere la Grande Boucle? Ora la foto consegnata da Vigna al medico e storico ligure del ciclismo Carlo Delfino mostra una realtà diversa. È un «formato pieno», ovvero un'immagine stampata senza riquadrare il negativo originale ma mantenendone intatti i margini, consegnata al padre di Vigna dall'Agenzia Olimpia per tenerla negli archivi della Cicli Bianchi in cui lavorava. Grazie alla quale, miracolo, si scopre che Coppi e Bartali non sono soli ma che, alla loro sinistra, compare il belga Stan Ockers. Non certo un carneade: secondo in quel Tour alle spalle di Coppi, campione del mondo a Frascati nel 1955, scomparso tragicamente l'anno successivo dopo un caduta in una kermesse su pista.

Ockers nell'immagine originale è defilato e ha la mano protesa verso sinistra, lo sguardo di chi sta — come Fausto e Gino — cercando disperatamente qualcosa da bere. La solitudine (divenuta mitologica) è frutto di una scelta di stampa: in alcune delle versioni diffuse l'ombra del belga è visibile, in moltissime cancellata per non distrarre l'attenzione da Fausto e Gino. Il Télégraphe era soltanto la seconda ascesa della terribile Bourg d'Oisans — Sestriere, Bartali e Ockers erano con Coppi all'inseguimento del fuggitivo di giornata, il francese Jean Le Guilly. Sulla salita successiva, il Galibier, Coppi partì all'attacco mentre Bartali e Ockers, pur restando in coppia, persero progressivamente terreno. Al traguardo il belga fu terzo a 9'33" dal Campionissimo mentre Bartali chiuse quinto una trentina di secondi dopo.

«Io credo — conclude Vigna — che il negativo originale sia stato fin da subito editato dall'agenzia per concentrarsi su Coppi e Bartali e che la copia "integrale" sia stata data a mio padre come riscontro per l'azienda (Fausto correva su Bianchi, Gino su Legnano) senza preoccuparsi troppo di tagliarla: non a caso è tra le poche immagini che posseggo a non avere il timbro dell'agenzia sul retro».

10 luglio 2020 (modifica il 10 luglio 2020 | 16:54)

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Source: Corriere.it

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