суббота, 7 марта 2020 г.

Coronavirus, giorno 12: «Il tampone e poi una passeggiata. La quarantena sta finendo»

Sveglia alle 8.00, ho dormito bene, il mal tempo è passato e da una delle finestre della mia camera entra un raggio di sole, mi alzo, mi faccio la doccia e la barba, noto che la pelle del mio viso è lievemente irritata a causa dello stress quindi applico una crema idratante. Oggi è il giorno dello screening fatto con il test del tampone per la ricerca sulla modalità di diffusione del SARS-CoV-2  che verrà fatta dall’Università di Padova, faccio colazione e verso le 9.00 mi avvio verso la scuola elementare dove è stato apprestato il laboratorio.

Oggi le strade sono deserte e non si nota anima viva, solo una lieve brezza smorza il silenzio, arrivo davanti alla scuola, per fortuna ci sono solo due persone in fila dietro la transenna, ieri c’era proprio un assembramento e nessuno rispettava le distanze, prendo il mio foglio di assenso al prelievo compilato precedentemente con nome e data di nascita e mi metto in fila alla distanza di due metri dalla persona che mi precede.

Dopo cinque minuti l’alpino che regola gli accessi mi dice di avanzare, entro nel cortile dove trovo due addetti seduti dietro due banche della scuola, distribuiscono i fogli da compilare che io ho già in mio possesso, dico, «io c’è l’ho già!» e la signora mi dice, «si metta in fila davanti alla porta di ingresso che la chiamano!».

Dopo due minuti viene fuori un ragazzo vestito con la tuta bianca, occhiali protettivi e  mascherina e urla, «quelli con il cognome dalla A alla L prima fila gli altri la seconda!», entriamo uno alla volta cercando di mantenere le distanze, dentro la situazione sembra caotica, ci saranno una ventina di miei compaesani e due postazioni una dove mettersi in fila e ritirare il codice a barre corrispondente al nome che andrà posto sulla fialetta del tampone e una con tre tavolini e due sedie dove stanno eseguendo i prelievi.

Il personale addetto alla ricerca sul SARS-CoV-2 a Vo’ Dopo aver preso il mio codice vedo a sedermi davanti al tavolino dove mi effettueranno il tampone, due persone completamente coperte da tuta e mascherina si tolgono i guanti del tampone precedente per indossarne di nuovi, la persona con la voce femminile prende il codice e la fialetta, l’atra prende il tampone e mi dice, «apra la bocca, e poi tiri su la testa che le infilo il tampone nel naso», il tutto finisce in una manciata di secondi, ormai assomiglia più a una catena di montaggio che un laboratorio.

Mi faccio indicare l’uscita e camminando velocemente esco da un luogo che potrebbe essere contaminato vista la concentrazione di persone, raggiungo l’auto e facendo attenzione a non toccare la pelle mi levo i guanti, penso, «è stato difficile non toccarsi in faccia perché mi era venuto un forte prurito al naso, ma c’è l’ho fatta!» apro la porta e deposito i guanti in un contenitore chiuso, accendo e mi dirigo a casa.

Arrivato a casa mi lavo le mani con il disinfettante, poi il viso e finalmente ora sono pronto ad affrontare il resto della giornata, una mia amica mi chiama e mi chiede se c’è coda al laboratorio, io le dico che è praticamente assente e nel tempo di dieci, quindici minuti avrà finito, lei mi risponde che ci andrà al pomeriggio e che se voglio posso farle compagnia per poi fare una passeggiata.

Le operazioni di raccolta dei tamponi mi sembra stiano andando bene e spero che anche i dubbiosi abbiano il coraggio di andarci, nella mia mente ormai conto le ore per il nostro rilascio che speriamo avvenga domenica a mezzanotte.

*Auro Michelon, 36 anni, architetto esperto in ecologia del paesaggio, vice presidente dell’associazione culturale Fuori Via, è un appassionato ricercatore di cammini storico culturali in Europa.
 

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